Rompere un'abitudine per avviare un cambiamento
Siamo in Alabama nel lontano 1955: una signora afroamericana, sale come ogni giorno su un autobus piuttosto affollato per ritornare a casa dopo una giornata di lavoro.
Secondo le leggi razziali in vigore all'epoca, gli autobus erano divisi in 3 sezioni:
le prime file erano riservate unicamente ai passeggeri bianchi, le ultime ai neri e quelle centrali miste, ma con precedenza sempre ai bianchi.
Essendo tutti i posti della sezione in fondo occupati, la signora decise di sedersi nelle file centrali.
Mentre l’autobus procedeva la sua corsa, sempre più persone salivano restando in piedi, tra questi anche un uomo bianco.
L’autista del bus notando l’uomo bianco in piedi davanti alla donna afroamericana fermò il mezzo, per obbligare alla donna di alzarsi e lasciare il posto all'uomo bianco.
La donna mantenendo un atteggiamento calmo, sommesso e dignitoso, rifiutò di lasciare il suo posto, accendendo gli impeti dell’autista che iniziò ad offenderla e minacciarla…
Le minacce e le offese ricevute non furono sufficienti a far cambiare idea alla signora che, trasgredendo la legge, rimase seduta al suo posto.
Poco dopo venne arrestata...
La protagonista di questa storia (vera), si chiamava Rosa Parks e in quei pochi istanti di coraggio, rifiutandosi di seguire le ingiuste leggi razziali, metterà in moto una delle più grandi campagne per i diritti civili.
Il boicottaggio paralizzerà economicamente la società degli autobus, richiamando migliaia di contestatori ai raduni. Tra i tanti emergerà un giovane leader carismatico: Martin Luther King.
Quel gesto fu la scintilla, che promosse una catena di eventi e che portò nel tempo ad ottenere la completa abolizione delle leggi razziali negli Stati Uniti.
Rosa Parks è tutt'oggi un simbolo della storia americana.
Non solo questa è una bellissima storia di coraggio e di sfida ma nasconde diverse chiavi di lettura, diversi meccanismi psicologici e sociali e sarebbe bello analizzarli tutti.
Mi voglio però soffermare su uno di essi in particolare: il potere delle abitudini.
Un’abitudine non è altro che un’azione ripetuta regolarmente nel tempo.
Le abitudini si formano perché il nostro cervello è alla continua ricerca di nuovi modi per risparmiare energia e darci sicurezza.
Ritornando un attimo alla storia, le persone di colore a quel tempo, erano abituate ad essere costantemente sottomessi ai bianchi, per rispettare la legge e quindi non essere arrestati.
Col suo gesto Rosa Parks modificò il modo di pensare e di agire della popolazione afroamericana.
In altre parole, riuscì a rompere un’abitudine consolidata e generò un cambiamento.
Nel mondo della sicurezza sul lavoro, le cose non sono poi così diverse.
Molti lavoratori trasformano atteggiamenti o comportamenti scorretti, in abitudini.
Possiamo fare l’esempio del lavoratore che inizia a non indossare più il casco o gli occhiali di protezione o i guanti, perché "sono scomodi".
Oppure il lavoratore che non rispetta le norme di sicurezza dell’azienda perché: "Cosa potrebbe mai succedere?”.
Tutta questa successione di comportamenti ripetuti nel tempo, generano abitudini pericolose, che si diffondono a macchia d’olio nelle aziende.
Il difficile e faticoso compito del consulente o responsabile della Sicurezza, è proprio quello di rompere queste abitudini per introdurne di nuove e più funzionali.
Antonella
I PERICOLI DELLA COMUNICAZIONE DIGITALE
il 31 gennaio viene dichiarato lo stato d’emergenza nazionale e inaspettatamente da quel giorno, in italia per ogni singolo cittadino e per ogni attività, tutto cambia.
Tutti noi abbiamo seguito, l’evoluzione della situazione contingente. Abbiamo affrontato ogni cambiamento con responsabilità gli uni verso gli altri, nel rispetto delle indicazioni ricevute dalle autorità nazionali e locali. lo facciamo ancora. D’ altro canto reagire alle difficoltà è ciò che sappiamo fare meglio, cercando le migliori soluzioni per andare avanti.
Insieme alla pandemia cresce anche la paura… e insieme al servizio di sanità anche una grossa fetta di aziende italiane entra in crisi, attraversando un periodo non facile, figlio della psicosi, della paura e della fragilità.
Da questo scenario, oggi più di ieri, ci rendiamo conto che le aziende non operano isolate dalla società che le circonda. Anzi, la loro capacità di competere dipende in larga misura dalla situazione delle comunità in cui operano.
Una delle maggiori difficoltà è stato e lo è ancora, la trasmissione della notizia e di conseguenza dell’informazione e della comunicazione il più possibile vicino alla realtà.
Una delle maggiori frustrazioni dei comunicatori, del management di imprese, del formatore-consulente della sicurezza sul lavoro ecc è rappresentato dalla difficoltà di indurre la gente ad assumere comportamenti di attenzione nei confronti di rischi reali e, per contro, di rassicurarla rispetto a rischi inesistenti o limitati.
Orbene. I risultati ottenuti nel corso degli anni dalle diverse campagne di sensibilizzazione sulla sicurezza, sull’uso ad esempio dei DPI (finalmente abbiamo imparato cosa sono!!) , della cintura quando si guida, spesso abbinati alla minaccia di contravvenzioni o altre misure punitive per ottenere l’adeguamento degli individui il più delle volte sono apparsi scoraggianti. il pubblico sembra reagire e ad assumere atteggiamenti contrari. Semplifico il concetto con una affermazione alquanto comune: “so che dovrei comportarmi così, ma nel concreto mi comporto diversamente”.
Ne esce fuori che l’educazione alla prevenzione e alla sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro, non è solo una semplice trasmissione di saperi e di conoscenze, né tanto meno un obbligo di regole e di norme, piuttosto si rende concreto in un procedimento ininterrotto di apprendimento, di trasformazione e di sviluppo delle qualità cognitive, relazionali, comunicative che guida l’individuo nel proprio percorso di crescita nella durata di tutta la vita e che è ha come scopo l’acquisizione di “modus -operandi” coscienti e responsabili, in armonia con i primari princìpi del rispetto di sé, degli altri e dell’ambiente. Lo abbiamo sempre sostenuto. In tema di prevenzione e sicurezza, dunque di capacità di governare i rischi, non esiste netta separazione tra comportamenti individuali negli ambienti di lavoro e comportamenti assunti nella vita quotidiana: la prevenzione riguarda ugualmente tutti gli ambiti di vita e di lavoro, è prevenzione degli eccessi e dei difetti, dei comportamenti sbagliati che possono costituire condizioni di pericolo e di rischio”
Da sempre il nostro obiettivo e finalità è stato quello di investire sull’unica risorsa davvero rinnovabile: il capitale umano. Dietro al lavoro, c’è una persona che lavora e troppo spesso lo dimentichiamo per andare verso una logica di lavoro come “produzione”, come prestazione, come tecnica, come mera razionalità.
Oggi la sicurezza del lavoro è ritornata al centro dell'attenzione secondo nuove modalità.
E’ evidente che in questa pandemia si mette in assoluta preminenza l’importanza, all’interno di qualsiasi forma di organizzazione, della COMUNICAZIONE.
Al COSA si comunica, si aggiunge, anzi assume un livello d’importanza assoluta, il COME si comunica.
L'adattamento a questa nuova situazione farà emergere competenze nuove, aziende nuove, tipi di business che non esistevano prima. “Con il virus dovremo conviverci, questo è evidente” - Di certo, in questa fase di passaggio, abbiamo dato un'accelerazione alla digitalizzazione. Sicuramente saremo più fluidi, multicanale, multi strumento, tutte cose che le nuove generazioni si portano dietro nel dna. Tutti gli altri saranno costretti a cambiare mentalità.
Quando parliamo di comunicazione digitale, sia essa rivolta al “libero” scambio di opinioni tra due soggetti, sia quando suddetta comunicazione è finalizzata a motivazioni commerciali e/o legate al mercato e al capitale, due sono i principali elementi che saltano prontamente all’occhio:
· l’assenza di distanza tra la fonte della comunicazione ed il suo bersaglio che rende tutto trasparente e che favorisce oltremodo una commistione tra pubblico e privato
· e una comunicazione che diviene simmetrica.
Da una prima analisi questa comunicazione digitale appare come una foriera di nuove libertà.
“libertà” intesa come possibilità – oggi reale – di poter far trasmigrare anche il “luogo del lavoro”. Luoghi e tempi che una volta erano investiti al non lavoro (la casa, ad esempio)
si riempiono di questa nostra nuova “libertà”. Ci sentiamo non più soggetti sottomessi, ma progetti liberi. Tutto diviene, per nostra volontà, trasparente. Spinti dalla subdola manipolazione del
sistema sulle nostre emozioni. Non ci si rende conto che nel momento in cui ci si crede liberi da obblighi esterni o da costrizioni imposte da altri, ci si sottomette a obblighi interiori e a
costrizioni autoimposte, finalizzate alla prestazione e all’ottimizzazione. Il pericolo che vedo imminente è che ben preso tale supposta libertà si trasformerà in una illusione e la
libertà e specialmente la comunicazione illimitata si rovesciano in controllo e sorveglianza totale. La libertà, questo tipo di libertà che il mondo digitale ci offre, genera costrizioni.
L’essere umano che l’antropologia definisce in questo caso soggetto di prestazione diviene un servo, un servo di se stesso. Questo è il neoliberalismo: un sistema efficace nello sfruttare la
libertà di ognuno: viene sfruttato tutto ciò che rientra nelle abitudini e nelle forme espressive della libertà. Il nuovo liberalismo fa del lavoratore un imprenditore.
E questa forma di prestazione fa si che, chi fallisce, non mette più in dubbio la società o il sistema ma ritiene se stesso responsabile e si vergogna del fallimento. È quando una
interpretazione della realtà vista non solo obbiettivamente, ma anche con le proprie immaginazioni che magari corrispondono a ciò che si vuole, si crede o si spera, non si sta facendo forse
riferimento alla nozione di post- verità? Attenziome! Non è da confondere la post verità che parte in ogni caso da una realtà, con quelle che sono chiamate nel gergo giornalistico le fake
news, le notizie false, volutamente false allo scopo di propagandare qualcosa di interesse politico, economico o sociale e che utilizzano i media come sistema di comunicazione. La post verità
sopraggiunge ,infatti, nel momento di grande cambiamento che sta avvenendo nelle società come conseguenza del ruolo sempre più influenzante della tecnologia. Le notizie, grazie all'arrivo
d’internet, arrivano direttamente al consumatore senza intermediazioni o semplicemente con mediazioni di comodo favorendo una comunicazione simmetrica. E ancora, la post verità arriva nel momento
in cui i valori, che durante gli anni passati hanno in qualche modo indirizzato e sorretto le società, stanno scomparendo, lasciando il posto ad altri principi-guida come il successo ad ogni
costo, la vittoria (nessuna pietà per i perdenti), il piacere, il potere. Naturalmente la post verità, per motivi diversi, è praticata da tutti. Dal mondo politico al mondo finanziario, da tutti
quelli che in qualche modo devono vendere, comprare, giocare, staccare la spina, amare, discolpare, speculare, convincere, creare, cioè a mano a mano da tutti o quasi. Ecco la post verità è un
fenomeno dilagante e generale o lo sta per diventare a grandi passi. In contrapposizione alla post verità si stanno sempre più affermando i concetti di trasparenza e post-privacy. L’obbligo della
trasparenza spinge l’uomo a rinunciare alla propria sfera privata che in teoria dovrebbe condurre ad una comunicazione più “limpida”, più chiara. Il problema è che l’uomo non è mai trasparente
nei confronti di sé stesso. Secondo Freud l’“Io” nega ciò che l’inconscio desidera ardentemente e afferma. Nella mente umana si apre una fessura che non consente all’“Io” di coincidere con sé. E’
proprio questa crepa che impedisce l’auto trasparenza. La mancanza di trasparenza dell’altro costituisce l’elemento cardine che aiuta a mantenere in vita le relazioni e a rinvigorirle quando
queste stanno per affievolirsi. Lo scrittore e drammaturgo italiano Luigi Pirandello, un grande autore che basò gran parte delle sue opere sullo studio dei comportamenti umani, avrebbe detto in
questo caso: “Un gioco delle parti”! Le due parti, quella della post verità e quella della post privacy, sono entrambe consapevoli del fatto che quello che dicono e quello in cui credono sono
alterati, ma lo fanno in buona fede reciproca senza il fine di danneggiare alcuno.
La nuova società che comincia ad avanzare sarà sempre più condizionata da questi concetti che si appoggiano su delle realtà che sono rese soggettive in connessione ai propri sentimenti, ai propri desideri ed ai propri obbiettivi.
Il problema di questa nuova società non sarà più il pericolo della mancanza di coerenza o di contraddirsi.
Ma la preoccupazione più grande è che a mano a mano i comportamenti saranno tutti resi soggettivi e dipendenti l’un l’altro sin dal nascere, senza alcun riferimento alla vera realtà.
In altri termini, un nuovo modo per essere nel mondo virtuale.